Uno dei trend più pop nei consumi del XXI secolo è quello legato agli stili di vita “sani”, cibi inclusi. Un incentivo è probabilmente dato dalla sugar tax, ma non è solo questo
I mercati finanziari premieranno le società che sposteranno la produzione su alimenti a ridotto contenuto di zucchero
A beneficiare delle mutate preferenze e dell’eventuale introduzione della Sugar Tax saranno soprattutto le società che operano nel settore degli ingredienti sani e quelle proattive
Dopo la transizione energetica, la transizione alimentare?
Uno dei trend più popolari nei consumi del nuovo millennio è sicuramente quello legato a stili di vita più sani, cibi inclusi. Un incentivo è probabilmente dato dalla sugar tax, ma non è solo questo. Le imprese alimentari, dalle più radicate alle più nuove, stanno transitando verso una produzione con meno zucchero. O almeno producono linee ad hoc. Espone le opportunità di investimento nel settore del cibo sano / healthy food Daniele Cat Berro, investment associate, MainStreet Partners.
Quali le conseguenze della sugar tax per gli investimenti?
I mercati premieranno le società che più rapidamente sposteranno la produzione verso alimenti a ridotto contenuto di zucchero. Oltre alla crescente domanda del mercato infatti, sarà il contesto legislativo a supportare la crescita dei loro profitti. A beneficiare del mutato sentiment dei consumatori e dell’eventuale introduzione della Sugar Tax saranno soprattutto le società che operano nel settore degli ingredienti sani e quelle che agiscono proattivamente, senza attendere interventi legislativi e/o disincentivi alla produzione di cibi zuccherini.
Alcuni esempi di società “no sugar”
Daniele Cat Berro sceglie per esempio Kerry Group, società irlandese che supporta le aziende produttrici di cibo nel processo di riduzione delle calorie di cattiva qualità nei loro prodotti, come zuccheri e grassi saturi, migliorandone il valore nutrizionale. Oppure Chr Hansen, società di bioscienza danese che si occupa di sviluppare soluzioni naturali per l’industria alimentare e l’agricoltura. In particolare, questa società utilizza enzimi e batteri per aumentare la qualità nutrizionale dei prodotti. In più, Corporate Kinights ha eletto Chr Hansen società più sostenibile al mondo: oltre ai suoi progetti in campo ambientale, i suoi prodotti vengono utilizzati quotidianamente da un miliardo di persone.
Giocare d’anticipo: le imprese proattive
Il gigante Unilever, ad esempio, ha sviluppato la sua strategia attraverso due linee guida. Vale a dire: migliorare i prodotti dei marchi proprietari e lanciarne di nuovi, sani. Fra i primi rientra il the Lipton, che ha come target una riduzione entro il 2020 del 25% degli zuccheri sulle sue line di tè freddi, a partire dai valori del 2010. A fine 2018 la riduzione di zucchero raggiunta era del 20%. Per quanto riguarda i nuovi brand, Unilever punta ad acquisirne di sani, biologici o vegetali, come il portfolio di drink e cibo sano di GlaxoSmithKline.
“Questo tipo di società sono state e saranno meno colpite dall’aumentare inesorabile degli interventi legislativi e regolamentari volti a limitare il consumo di sale, zucchero e grassi. MainStreet seleziona questi investimenti per il loro contributo positivo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dalle Nazioni Unite tramite il suo database proprietario”.
Le imprese sostenibili che contribuiscono al perseguimento di questi obiettivi tendono ad essere premiate dal mercato nel medio-lungo termine. Il loro impegno è infatti strutturale e sinergico alle politiche Esg nel più vasto ambito delle sfide ambientali e sociali in atto. Per questo motivo, attireranno flussi di capitali sempre più ingenti.

