Uno dei motori che sta dietro a questo incremento è anche il cambiamento climatico e la connessa crisi ambientale. Il 54% degli intervistati ritiene infatti vitale il progresso tecnologico nei settori critici della chimica, dell’energia, delle telecomunicazioni e dei trasporti. Intelligenza artificiale e algoritmi cognitive sono ritenuti dal 60% dei rispondenti essenziali per analisi dei dati medici, individuazione di truffe, situazioni di rischio. La tecnologia blockchain risulta appetibile per la tracciabilità della filiera produttiva e la tokenizzazione del mercato dell’arte e immobiliare. Gli investimenti in realtà e aumentata e realtà virtuale sono pure in espansione, soprattutto nei consumi.
Adottare le deep tech non vuol dire però solo investire. Significa essere consapevoli che esistono delle barriere umane alla loro adozione, aggirabili sapendo gestire il cambiamento (72% dei rispondenti) e attraendo nuovi talenti (55%). Difficoltà che sono maggiori all’inizio del percorso di investimento in deep tech, quando i dipendenti e i collaboratori sono più avversi al rischio e meno interessati alla tecnologia. Gli ostacoli in tal caso spesso vengono dissolti grazie alla creazione di tech hub che aggregano le competenze delle risorse disponibili in azienda.
Nicolas Namias, ceo di Natixis, a tal proposito afferma che la sua società ha l’ambizione di accelerare la trasformazione digitale tramite «un’offerta evoluta dei nostri progetti innovativi».

