Stati Uniti: arriverà una seconda ondata di inflazione?
Inflazione: in arrivo una seconda ondata negli Stati Uniti?
Inflazione: nuova ondata in arrivo? I 10 fattori da osservare
L’inflazione si abbassa, ma sarà sufficiente a prevenire una possibile seconda ondata? Gli esperti di Vontobel Asset Management hanno individuato una serie di fattori da tenere sott’occhio per capire i futuri movimenti dei prezzi
L’inflazione continua a sgonfiarsi di mese in mese. Negli Stati Uniti è passata negli ultimi dieci mesi dal 9,1% al 3%, ma non è semplice prevedere un futuro certo, considerando anche che, solitamente, l’inflazione si muove a ondate. Negli anni ’70 per placare questi movimenti oscillatori ci volle la cura da cavallo di Paul Volcker, con tassi balzati fino al 20% e mantenuti al di sopra dell’inflazione fino alla sua uscita di scena nel 1987.
Se si confronta l’andamento di allora con quello di oggi, la situazione appare piuttosto simile. E’ possibile quindi che ci troviamo davanti a una seconda ondata di inflazione?
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Per rispondere a questa domanda Vontobel Asset Management ha stilato un decalogo, individuando tutti i fattori che potrebbero incentivare la seconda ondata inflattiva, cercando di capire se la situazione attuale punta in quella direzione.
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Offerta di moneta in forte aumento
Fare la caccia alle streghe per i colpevoli dell’inflazione è utile solo fino a un certo punto. Milton Friedman, premio Nobel per l’economia, ha reso chiarissimo il fatto che si tratta sempre e comunque di un fenomeno monetario e che quindi sia sempre causata da un precedente aumento dell’offerta di moneta o del suo tasso di crescita. “Considerano l’attuale crescita negativa della massa monetaria, un forte impulso inflazionistico sembra piuttosto improbabile”, sottolineano Stefan Eppenberger, Head Molti Asset Strategy, e Michaela Huber, Cross-Asset Strategist di Vontobel AM.
Tassi reali allentati
Su questo secondo punto non dovrebbero esserci molti dubbi, la Federal Reserve sta procedendo con una politica molto restrittiva, considerando anche il più recente aumento dei tassi che li ha portati sui massimi che non si vedevano da 22 anni.
Debolezza significativa della valuta
Gli ultimi mesi sono stati, senza dubbio, non tra i più luminosi per il dollaro che, rispetto a ottobre dello scorso anno dove lo US Dollar Index si attestava intorno a 114,10, ora è sceso a 101,74, tuttavia rimane una valuta forte. Anche considerando che la Fed possa continuare ad alzare i tassi di interesse ancora per qualche mese, indebolendo così la valuta, una svalutazione come quella degli anni ’70 sembrerebbe altamente improbabile.
Forte crescita economica
Il prodotto interno lordo reale statunitense sta aumentando, ma la crescita non è definibile forte: nel primo trimestre il Pil su base annua era al 2% e, secondo le stime del Bureau of Economic Analysis, nel secondo trimestre è stato del 2,4%. Inoltre, la probabilità che si verifichi una recessione è ancora presente.
Stimolo fiscale in crescita
Al momento, un forte stimolo fiscale sembra improbabile nel prossimo futuro, ma il consiglio degli esperti è quello di tenere gli occhi ben aperti: le elezioni presidenziali che si terranno a novembre 2024 e le relazioni sempre più tese con la Cina, potrebbero spingere il governo statunitense a introdurre nuovi stimoli nel mercato.
Aspettative di inflazione fuori controllo
Le aspettative di inflazione sono un dato molto cruciale: se i consumatori sono convinti che i prezzi futuri saranno più alti, tendono a consumare prima piuttosto che dopo, proprio come era successo negli anni ’70. Tuttavia, questo non è il caso odierno visto che l’inflazione, anche se lentamente, sta decrescendo.
Un altro shock dei prezzi energetici
La crisi energetica del 1973 ha impattato fortemente l’inflazione negli Stati Uniti, basti pensare che il prezzo del petrolio era quadruplicato, passando dai 2,90 dollari per barile prima dell’embargo a 11,65 dollari a gennaio del 1974. Quest’anno l’aumento dei prezzi dell’energia causati dal conflitto tra Russia e Ucraina ha avuto un effetto non indifferente, tuttavia al momento il rischio sembra rientrato, con i prezzi tornati intorno alla media degli ultimi anni.
Problemi con la catena di fornitura
Si tratta di un tasto molto dolente: come già era diventato chiaro durante la pandemia, la possibilità di essere esclusi dal commercio globale e isolati rispetto ai produttori esterni rappresenta un rischio non ignorabile. La possibile rottura tra Stati Uniti e Cina avrebbe, in tal senso, un effetto stravolgente, oltre a un chiaro aumento dei costi.
Carenza di mercato immobiliare
Si tratta di un aspetto molto delicato per gli Stati Uniti: al momento mancano 3,8 milioni di case negli States, tra quelle in affitto e quelle in vendita. “Questa carenza è un motivo importante per cui i prezzi delle case statunitensi non sono diminuiti nonostante l’aumento dei tassi di interesse e questo si ripercuote sull’inflazione abitativa”, spiegano gli esperti di Vontobel AM.
Carenza di manodopera
Oggi, il cosiddetto divario occupazionale è molto ampio, proprio come era anche negli anni ‘70 e ’80. Per questo il rischio di una seconda ondata inflazionistica non sembra un’opzione impossibile.



