L’intelligenza artificiale sta cambiando i modelli di business e crea nuove opportunità di investimento
La proposta di un Regolamento europeo sull’AI segna un passo avanti nell’approfondimento del percorso di sviluppo economico degli Stati Membri
Non è un caso se, proprio le vicende tragiche che attraversano in questo momento il pianeta, hanno confermato quanto i sistemi di intelligenza artificiale siano diventati irrinunciabili: nel corso della pandemia il ricorso a dispositivi digitali e ai loro meccanismi di funzionamento ha permesso ai settori produttivi di non interrompere le attività, pur in assenza di personale, e agli individui di mantenere (virtualmente) attivi i rapporti sociali, nonostante le misure di distanziamento e quarantena.
Ebbene, in un contesto in cui la capacità di calcolo ha, per così dire, colonizzato ogni aspetto della quotidianità, ridisegnando molti equilibri della vita in comune, il legislatore europeo ha sentito l’esigenza di predisporre (anche se al momento si tratta di una proposta) un Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.
L’esigenza di un Regolamento, da un lato, si fonda sulla necessità di tutelare i cittadini e i loro diritti. Dunque, come a più riprese ha avuto modo di osservare il Professore Oreste Pollicino, rispondere al bisogno di dare una precisa disciplina giuridica ad un fenomeno (quello dell’AI) con una capacità di sviluppo e un’imprevedibilità di funzionamento, praticamente, sconfinata. Dall’altro, per rendere l’Ue leader a livello mondiale in questo settore, stante il fatto che l’AI è uno dei drivers principali del mercato unico digitale dell’Ue.
Nel webinar, scandito dal dialogo tra Giulio Coraggio, responsabile del dipartimento di Intellectual Property and Technology dello studio, Alessandro Ferrari, responsabile del settore Technology e numerosi ospiti, professionisti provenienti da società legate al mondo digitale, si è discusso degli aspetti legali ed etici dell’intelligenza artificiale; mettendo l’accento sui molti nodi irrisolti del Regolamento e sulle opportunità che l’AI offre alle aziende.
Come ha messo in evidenza l’avv. Coraggio, con la bozza di regolamento “l’Ue vuole diventare un player dell’artificial intelligence al pari di Usa e Cina”.
Questa circostanza sta a significare che l’Unione supporterà le imprese innovative e quelle tradizionali non solo con risorse economiche (contributi e fondi per le realtà che investono nel digitale), ma anche con una cornice normativa idonea a tutelare i loro modelli di business per restare competitive a livello transnazionale.
Il Regolamento permetterebbe di uniformare a livello sovranazionale la materia dell’intelligenza artificiale, cercando di arginare i problemi legati ai disallineamenti normativi che esistono tra gli ordinamenti domestici dei vari Stati che, in quanto tali, non favoriscono gli investitori nel percorso di crescita e penalizzano, altresì, dal punto di vista della parità dei diritti, i consumatori.
Poiché si tratta solo di una proposta, non può dirsi, ancora, che il Regolamento sia uno strumento normativo maturo: idoneo cioè a tutelare in maniera bilanciata gli individui che consumano e i soggetti che investono capitali nel settore.
L’ipotesi regolatoria presentata dalla Commissione europea, altrimenti detto, è ancora lontana dal rendere perfettamente compatibile la necessità di proteggere la libertà individuale con quella di assicurare la libertà di iniziativa economica.
Come è stato fatto notare nel corso del webinar, la proposta di Regolamento è troppo incentrata sul criterio del consenso espresso dall’utente, senza contare che, ad oggi, il principio del consenso espresso è poco affidabile: per un verso, non protegge fino in fondo la parte debole del contratto e, per un altro, risulta troppo vincolante per l’impresa.
Nel solco della cd. algorithm transparency, è vero che il Regolamento riconosce il diritto dell’utente ad essere informato se nella fruizione di servizi o contenuti multimediali sta interagendo con un sistema AI o con un essere umano; allo stesso tempo, non può tacersi il fatto che mancano ancora, nel testo proposto, meccanismi di “redress che consentono al consumatore destinatario di decisioni automatiche errate o discriminatorie di ottenere immediato rimedio”, sottolinea l’avv. Coraggio.
“Il Regolamento”, inoltre, aggiunge l’avv. Ferrari “lascia irrisolto il nodo della distribuzione della responsabilità, tanto contrattuale quanto extracontrattuale. Se è vero che a oggi non pare consigliabile intervenire su questa materia perché, in assenza di casistica, si rischierebbe di incoraggiare un approccio legislativo poco aderente alla realtà, è però anche vero che, nel medio-lungo periodo, la questione dovrebbe essere ribaltata: con l’etichetta intelligenza artificiale si intendono una serie di tecnologie diverse tra loro che, sotto il profilo della responsabilità, meriterebbero forse una regolamentazione diversificata”.
In conclusione, il passo compiuto dal legislatore comunitario è certamente positivo. Il Regolamento sull’AI può rappresentare un ottimo strumento normativo per i produttori e le imprese: se il testo venisse integrato con alcune previsioni essenziali ma attualmente mancanti (si pensi a quella sull’allocazione delle responsabilità), potrebbe divenire la base giuridica su cui sviluppare anche in Europa nuovi modelli di business, invece già radicati in altre economie. Si pensi al sistema Smile to pay (meccanismo che permette di pagare con il riconoscimento facciale, presente in Cina) o al sistema Talk to pay (soluzione di pagamento che potrebbe ridurre i rischi di truffe e furti).
Il settori dell’healtcare e tutti quelli legati ai servizi finanziari sono già da tempo attraversati dall’AI. Nel prossimo futuro, però, anche i settori tradizionali, fino ad ora poco inclini all’innovazione tecnologica, dovranno cambiare orientamento e fare i conti con l’intelligenza artificiale.
In questo senso, una consulenza legale mirata può consentire, alle imprese che decidono di investire nell’ambito tecnologico o scelgono di aggiornare il proprio modello di business, di aumentare il bacino di clienti, operare in più territori, offrire servizi migliori e soprattutto essere compliant con le nuove normative in continua evoluzione.

