Risparmiare per la pensione, di solito, significa avere di fronte a sé molti anni per far fruttare i propri investimenti. Per questo, si dovrebbe prestare meno attenzione alla volatilità, badando di più al risultato finale: per la stessa ragione, nel risparmio pensionistico andrebbero privilegiate le azioni sui bond. Un nuovo studio accademico, “A Critical Assessment of Lifecycle Investment Advice”, ha spinto agli estremi questa teoria suggerendo che, quando si risparmia per la pensione, bandire le obbligazioni completamente offre i migliori risultati.
Secondo i risultati della ricerca, la diversificazione interamente azionaria ottenuta con metà azioni Usa e metà azioni estere, se detenuta per tutta la vita, “supera notevolmente le strategie basate sul lifecycle” e quelle bilanciate in termini di creazione di ricchezza, supporto al consumo durante pensione, preservazione del capitale e trasmissione di eredità. Il tutto al prezzo di trovarsi sul percorso un ribasso massimo nettamente peggiore: nel periodo della pensione, quello più delicato, il portafoglio solamente azionario scende in media fino al 50%, contro il -40% di un normale portafoglio bilanciato (composizione: azioni Usa 30%, azioni estere 30%, bond 40%).
La simulazione si basa sul ciclo di vita di una coppia statunitense che inizia a risparmiare una parte del reddito mensile all’età di 25 anni e va in pensione a 65 anni. In seguito, la coppia inizia a percepire la pensione pubblica americana e preleva dai risparmi in modo costante (secondo la “regola del 4%”). In più, continua a investire qualsiasi patrimonio residuo durante il periodo di pensionamento.
Il risultato quando si va in pensione
Sulla base di tutte queste ipotesi, in media, la coppia in questione arriva al pensionamento con un capitale 1,07 milioni di dollari con la strategia esclusivamente azionaria, contro i 750mila dollari della strategia bilanciata. Nemmeno il portafoglio corretto con i principi dell’adeguamento basato sull’età (modello life cycle), non riesce a fare meglio della strategia solo-azioni, con un patrimonio al momento della pensione di 820mila dollari.
Secondo gli autori le conclusioni generali dello studio “sono probabilmente estendibili anche agli investitori non statunitensi”, anzi, potrebbero esser ancor più validi per “le coppie più longeve: il che suggerisce che gli investitori in altri Paesi sviluppati”, la cui vita media è superiore a quella statunitense, “trarranno vantaggio dall’approccio completamente basato su azioni”.
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Le probabilità di successo non depongono per i bond
Queste conclusioni si allontanano parecchio dalle prassi adottate dai professionisti della consulenza finanziaria che, di solito, aderiscono a un bilanciamento variabile di azioni e bond. Con l’aumentare dell’età la componente obbligazionaria acquisisce sempre più peso nel portafoglio, per limitare eventuali crolli delle azioni quando ci si avvicina al pensionamento: si tratta di un’applicazione pratica del cosiddetto modello life cycle.
Lo studio, pubblicato su Ssrn senza peer review ha guadagnato visibilità su Bloomberg e su vari forum di finanza personale. “Finché gli investitori azionari sono in grado di restare fedeli” ad una allocazione solo azionaria, ha dichiarato Scott Cederburg dell’Università dell’Arizona, uno dei tre autori, “alla fine otterranno di più, con una probabilità molto elevata, rispetto a chi cerca di attenuare i movimenti a breve termine diversificando in obbligazioni”.
Buona parte dei commenti critici comparsi sui forum si concentra proprio sull’aspetto non certo secondario, della capacità di digerire un ribasso del 50% durante pensione (“prova a conciliare questo con il tuo caffè del mattino”). Nell’investimento intervengono dinamiche psicologiche per le quali pochi investitori, di fatto, riescono “restare fedeli” al piano statisticamente più vantaggioso se questo significa subire perdite molto elevate, anche se per un periodo di tempo limitato.
Le evidenze di quest’analisi, tuttavia, ribadiscono ancora una volta quanto sia importante non lesinare sull’investimento azionario se si vogliono raggiungere obiettivi finanziari ambiziosi. Questo potrebbe essere ancor più vero se la scelta da fare è quella del fondo pensione, il cui orizzonte temporale è solitamente lungo.
Come sempre, però, la scelta è personale: per molti risparmiatori dormire sonni tranquilli vale bene la rinuncia alla performance migliore.
Ocse, per gli italiani la pensione sarà un miraggio prima dei 71 anni
Nel frattempo il nuovo rapporto Ocse “Pensions at glance” ha sottolineato come, in Italia, si prospetti la più forte impennata nell’età pensionabile nei prossimi anni. Chi comincia ora la propria carriera, ha calcolato l’organizzazione parigina, dovrà considerare l’idea di ritirarsi a 71 anni, cifra che costituisce il limite di età pensionabile più elevato tra i paesi dell’Ocse, seconda solo alla Danimarca. Secondo le analisi, l’età pensionabile standard per chi si affaccia al mondo del lavoro sarà di 70 anni nei Paesi Bassi e in Svezia, di 71 anni in Estonia e Italia, e addirittura di 74 anni in Danimarca. Anche se l’età pensionabile legale in Italia è di 67, l’età effettiva nella quale oggi si va mediamente in pensione è di 65 anni (contro la media Ocse di 64,1 anni): ciò implica un aumento di ben sei anni fra l’età dei nuovi pensionati di oggi e quella del ritiro dal lavoro chi ha iniziato la sua carriera nel 2023.

