La Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge di Fratelli d’Italia e Lega con 243 voti favorevoli, 59 astenuti e nessun voto contrario
La legge sia applica a tutti i liberi professionisti, sia quelli iscritti a un ordine professionale sia quelli non appartenenti a un ordine
Ordini e collegi professionali potranno adottare disposizioni deontologiche che sanzionino il professionista che accetti compensi fuori mercato
Via libera alle nuove regole sull’equo compenso. Con 243 voti favorevoli, 59 astenuti e nessun voto contrario, la Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge C. 338 di Fratelli d’Italia e Lega, introducendo standard minimi per garantire ai liberi professionisti una retribuzione adeguata “alla qualità e alla quantità del lavoro svolto”. L’occasione ha visto l’istituzione, presso il ministero della Giustizia, anche di un Osservatorio nazionale sull’equo compenso, che vigilerà sull’applicazione e sul rispetto delle norme appena approvate.
Equo compenso: a chi si applica
La legge sull’equo compenso, come si legge in una nota diffusa sul sito della Camera dei deputati, sia applica a tutti i liberi professionisti, sia quelli iscritti a un ordine professionale sia quelli non appartenenti a un ordine. Nel primo caso, per quasi tutte le professioni i valori di riferimento per determinare l’equo compenso sono indicati nel decreto ministeriale 140/2012 e andranno aggiornati; nel secondo caso, invece, bisognerà attendere la definizione di nuovi parametri in un decreto del ministero delle Imprese e del made in Italy da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. Gli unici che potranno subito contare su linee guida aggiornate saranno gli avvocati, considerato che il decreto ministeriale relativo alla professione forense è stato revisionato proprio lo scorso ottobre con la modifica delle tabelle indicative per determinare la parcella del professionista.
Le aziende private coinvolte
Le nuove regole dovranno essere rispettate sia dalle pubbliche amministrazioni che dalle aziende private con più di 50 dipendenti o ricavi annuali superiori ai 10 milioni di euro. Secondo una recente stima de Il Sole 24 Ore, sono circa 78mila i soggetti pubblici e privati che rientreranno nel perimetro di applicazione della direttiva, di cui 27mila pubbliche amministrazioni e 51mila privati. Oltre 33mila sarebbero le aziende che rispettano il primo parametro (più di 50 dipendenti) e oltre 35mila quelle che rispettano il secondo requisito (fatturato annuo superiore ai 10 milioni di euro).
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Esclusi i rapporti di lavoro in essere
La legge non interviene però sui rapporti di lavoro già esistenti. Un tema che ha sollevato i dubbi, tra gli altri, del neo presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco. “L’approvazione definitiva della legge sull’equo compenso è un passo significativo verso una maggiore tutela della dignità professionale degli avvocati e una maggiore trasparenza nella relazione tra avvocati e clienti, ma seppure sia una norma molto importante, pone delle criticità da risolvere”, ha dichiarato Greco. “Si tratta dell’articolo 11 che prevede l’applicazione della corretta remunerazione solo alle nuove convenzioni da stipulare e non anche a quelle già in essere. Ciò significa che i clienti forti non registreranno nuove convenzioni con i professionisti. E di fatto la legge sull’equo compenso potrebbe restare una norma vuota priva di applicazione”.
Equo compenso: le sanzioni
Le nuove regole disciplinano ad ogni modo la nullità delle clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, nonché “di ulteriori specifiche clausole indicative di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa”, si legge sul sito della Camera. Viene rimesso al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo ed eventualmente di condannare l’impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista. Inoltre, ordini e collegi professionali dovranno adottare disposizioni deontologiche che sanzionino il professionista che accetti compensi fuori mercato.

