Una popolazione che cresce e invecchia allo stesso tempo rappresenta il paradosso demografico del mondo moderno, ma è foriera di opportunità per un risparmio gestito dall’approccio attivo e globale. È questo il punto di vista condiviso da Frédéric Leroux, Head of cross asset, fund manager di Carmignac, secondo cui “i trend demografici costituiscono un tema importante per gli asset manager”. Ma perché? “Da un lato, una popolazione che invecchia potrebbe originare pressioni deflazionistiche nei paesi più coinvolti, sullo stile di quanto accaduto in Giappone (sebbene questo trend potrà comunque creare opportunità in molti settori). Dall’altro, una popolazione che aumenta potrebbe spingere l’adozione di politiche di ‘degrowth’ per prevenire lo sfruttamento delle risorse naturali della Terra”. Come affrontare queste tendenze, quindi? Un’anticipazione: l’innovazione – e l’intelligenza artificiale in primis – potrebbe rappresentare un valido alleato. Ecco in che modo.
Trend n. 1: l’invecchiamento demografico
La prima tendenza demografica è costituita dall’allungamento dell’aspettativa di vita (risultante in un numero maggiore di anziani rispetto al passato) e dalla contemporanea diminuzione di natalità. Se di per sé “una popolazione che invecchia non costituisce una minaccia alla crescita economica” spiega Leroux, altrettanto non è se “il numero di persone in età da lavoro (ovvero compresa tra i 15 e i 60 anni) comincia a ridursi” spiega Leroux. Si tratta di uno scenario già in corso: secondo i dati 2021 dei World population prospects delle Nazioni Unite, la popolazione in età da lavoro, che costituisce il 65% del totale a livello mondiale, dal 2015 diminuisce stabilmente a un tasso minore dello 0,1% l’anno; i minori di 15 anni accontano per il 25% della popolazione globale, con un tasso di decrescita annuo inferiore allo 0.2%; allo stesso ritmo cresce invece la quota degli over 65, che costituisce così il 10% del totale.
Ma come mitigare gli effetti di una forza lavoro in diminuzione? Una soluzione è offerta dall’immigrazione, “anche se sta diventando sempre più chiaro che i cittadini dei paesi ospitanti vorrebbero vedere controlli più rigidi nelle migrazioni” spiega Leroux, “ma ve ne sono altre. Una via è quella di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro coinvolgendo maggiormente le donne. Un’altra è quella di alzare l’età pensionabile o allungare l’orario di lavoro (misure tuttavia difficili da implementare nel mondo sviluppato date le sue aspirazioni sociologiche). A ogni modo, l’aumento di produttività sarà essenziale e potrà essere raggiunto incrementando gli investimenti e gli sforzi nel campo dell’istruzione e dell’innovazione”. In tutto questo, “l’intelligenza artificiale sarà probabilmente un elemento chiave nei cambiamenti strutturali necessari a rispondere al declino della popolazione attiva, […] sostituendo così i la manodopera mancante. Ecco perché, da un punto di vista macroeconomico, l’attuale entusiasmo nei confronti dell’AI è più che giustificato”.
Trend n. 2: una popolazione in crescita
La seconda tendenza, invece, è rappresentata dall’aumento della popolazione a livello globale. Sempre secondo le stime delle Nazioni Unite, un effettivo declino nel numero di persone sul Pianeta non sarà visibile prima del 2085, quando si raggiungerà il picco a quota 10.4 miliardi (dagli attuali 8.1). “Previsioni indipendenti offrono dati più conservativi – 9 miliardi al 2045, seguiti da un calo a 7.5 miliardi nel 2100 – […] perché simulano le correlazioni tra i trend di sviluppo socio-economico e i limiti del Pianeta” prosegue Leroux. “Se queste previsioni più ‘dinamiche’ dovessero continuare a trovare conferma nei fatti, la propensione per la decrescita, innescata dalla paura per un sovrappopolamento della Terra, potrebbe venir meno”. Un’inversione di tendenza che “consentirebbe una crescita più sicura e una maggiore produttività grazie alla consapevolezza più realistica dei limiti del Pianeta a cui la transizione energetica deve fare fronte” aggiunge l’esperto di Carmignac.
Un caso studio, il Giappone
In alcune parti del mondo, tuttavia, i trend demografici approfonditi sono già realtà. L’esempio portato dal Giappone, “in anticipo nel processo di invecchiamento demografico, fa spesso temere un sinistro inverno deflazionistico per il mondo nel suo complesso e in particolare per le economie più mature”. Nel paese del Sol Levante, infatti, solo il 58,5% della popolazione è in età lavorativa, ovvero 10 punti in meno rispetto al 1990, e gli ultra 65enni rappresentano il 30% del totale, sempre secondo i dati delle Nazioni Unite. Si tratta però di un caso particolare: il Giappone non infatti ha compensato la diminuzione della propria forza lavoro spingendo sull’immigrazione, ha dovuto affrontare una importante bolla immobiliare e le politiche economiche attuate hanno congelato il mercato del lavoro e le retribuzioni, comportando un aumento delle pressioni inflazionistiche e dell’indebitamento”. Ciononostante, il paese è comunque riuscito ad accrescere il proprio Prodotto interno lordo pro capite dello 0,89% dal 1990, “un risultato non così negativo per un inverno demografico aggravato da tre fattori recessivi importanti” (nello stesso periodo gli Stati Uniti sono cresciuti dell’1,47% e la Francia dello 1,03%, ndr). Un risultato ottenuto anche grazie all’innovazione, vera e propria virtù del Giappone di fronte alla necessità. Si pensi ad esempio a campi come la robotica, in cui il Sol Levante è leader. “I paesi in fase di invecchiamento demografico potranno quindi trarre beneficio dall’insegnamento del Giappone, al fine di limitare gli effetti del proprio inverno demografico”.
In conclusione
“Il lavoro e il progresso tecnico genereranno crescita e produttività che, in combinazione con l’utilizzo più pragmatico delle risorse naturali reso possibile dall’imminente spopolamento, aiuteranno l’economia a far fronte alle conseguenze dell’invecchiamento demografico” conclude Leroux. “Il tema dell’innovazione, con l’IA in primo piano, ma anche situazioni demografiche molto differenziate a seconda dello stadio di sviluppo economico, creeranno molteplici opportunità di investimento e di diversificazione geografica, di cui un approccio attivo e globale può beneficiare al meglio”. Confidando sempre nella capacità dell’umanità di rispondere alle sfide lanciate dalla natura e dalla sua forte ciclicità.

