Il rallentamento dell’attività nei servizi ha interrotto la serie positiva di sedute in recupero per le Borse cinesi. L’indice Pmi services Caixin/S&P Global ad agosto è sceso sui livelli più bassi degli ultimi otto mesi a quota 51,8 punti, in frenata da 54,1. L’indice Csi 300 ha perso lo 0,74% in chiusura di seduta il 5 settembre, mentre l’Hang Seng è scivolato del 2,05%, vanificando in gran parte il balzo di lunedì.
Rispetto a inizio agosto l’indice Csi 300 è in calo del 4,44%, avendo subito la nuova crisi di fiducia nei colossi del settore immobiliare e un generalizzato rallentamento della ripresa post-covid che sta facendo sempre più dubitare sul fatto che la Cina possa raggiungere una crescita del Pil del 5%, prevista dalle autorità nazionali. A partire dal minimo del 23 agosto, tuttavia, l’indice di riferimento per l’azionario cinese ha mostrato un rialzo del 3,36%.
Fra le note positive per l’immobiliare cinese c’è stato il pagamento, entro il limite dei 30 giorni di grazia, di due cedole da 22,5 milioni di dollari complessivi da parte del costruttore immobiliare Country Garden. A inizio agosto la notizia del mancato pagamento da parte della società aveva acceso una nuova attenzione sul settore, finito in crisi sotto il peso dei debiti e del rallentamento economico cinese. Country Garden e l’altro colosso immobiliare in crisi, Evergrande, hanno segnato un deciso recupero in Borsa: nelle ultime cinque sedute la performance è stata rispettivamente del 14,7 e 22,8%.
Lotta sulle narrazioni della crisi cinese
Come prevedibile l’agenzia di stampa nazionale Xinhua ha liquidato le teorie che, sui media occidentali, hanno parlato dell’inizio di un declino economico cinese. “L’economia cinese, come il vasto mare, è abbastanza resiliente e vibrante da superare le sfide all’interno e all’estero, continuare la sua crescita e fungere da motore principale dell’economia globale, proprio come ha fatto con successo negli ultimi quattro decenni”, ha affermato Xinhua in un editoriale del 5 settembre. Mentre l’ultimo dato deflazionistico è stato giudicato come temporaneo, l’agenzia ha ricordato, fra i diversi argomenti a favore della solidità cinese, come “nel primo semestre le esportazioni combinate di auto elettriche, batterie al litio e pannelli solari [siano] aumentate del 61,6% anno su anno”.
Comprendere in quale misura sia stata ragionevole l’ondata di vendite sull’azionario cinese, giù dell’1,7% da inizio anno, è particolarmente complicato. Bloomberg Economics ha comunicato il 5 settembre che la revisione al ribasso delle prospettive di crescita della Cina è un fenomeno che avrà ricadute a lungo termine: entro il 2030 il rimo di crescita del Dragone si ridurrà al 3,5%, con una decisa revisione al ribasso rispetto al 4,3% della stima precedente. Entro il 2050 il tasso scenderà all’1%, in calo dall’1,6%. “La ripresa post-Covid si è esaurita, a causa dell’aggravarsi del crollo immobiliare e del venir meno della fiducia nella gestione dell’economia da parte di Pechino”, ha affermato Bloomberg Economics, “la debolezza della fiducia rischia di radicarsi, con il risultato di un freno duraturo al potenziale di crescita”. Parallelamente le previsioni sulla crescita statunitense sono migliorate, assottigliando il divario nei rispettivi potenziali di crescita delle maggiori aree economiche in termini di Pil.
Le ragioni del “contrarian” sulla Cina
Allo stesso tempo, è stato sottolineato come un altro divario, quello nelle valutazioni azionarie cinesi in rapporto a quelle Usa abbia toccato uno dei sui picchi storici. In questo momento, i dati Msci indicano che l’indice cinese non è mai stato tanto economico rispetto a quello statunitense, salvo due brevi parentesi nel 2020 e nel 2021, ha messo in luce James Mackintosh sul Wsj. Attualmente il Msci China (che include anche titoli quotati a Hong Kong) è scambiato a un prezzo pari a 10,8 volte gli utili stimati per i prossimi 12 mesi: il Msci Usa ha un costo relativo vicino al doppio, pari a 20,3 volte gli utili futuri.
Considerando che il rallentamento cinese deriva da fattori interni come l’elevato indebitamento, il rischio di contagio finanziario dovuto a possibili default di banche shadow e, soprattutto, consumi in crescita asfittica è comprensibile che le azioni cinesi stiano scontando tutti questi rischi. Nell’equazione, inoltre, è rimasta fuori la variabile geopolitica (Taiwan e legami con Mosca) che renderebbe la Cina un potenziale bersaglio delle sanzioni statunitensi (ne avevamo parlato qui con l’imprenditore Alberto Forchielli).
Secondo Mackintosh, tuttavia, la scommessa controcorrente sulla Cina in questa fase potrebbe guadagnare un traino anche da un altro fattore macro: la previsione, comunemente condivisa, che il dollaro abbia raggiunto un picco e che si indebolirà nei prossimi mesi. La Cina, come gli altri mercati emergenti, viene storicamente favorito dal calo del dollaro, che favorisce l’export e incoraggia nuovi afflussi di investimenti; “Rispetto al resto dell’universo dei mercati emergenti, la Cina è a buon mercato come non lo è mai stata”.
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